Casi e sentenze

Requisiti dell’omologa forzosa e indipendenza dell’attestatore

04 Aprile 2023 |

Trib. Torino

Cram down

In seguito alla apertura, ai sensi dell’art. 163 l. fall., di una procedura di concordato preventivo relativa alla Alfa s.r.l., si svolgeva l’adunanza dei creditori, all’esito della quale non risultava raggiunta la maggioranza necessaria all’approvazione del concordato. La Alfa richiedeva, pertanto, ai giudici della VI sezione del Tribunale di Torino, l’omologazione del concordato ex art. 180, comma 4, l. fall., in modo tale da superare il voto contrario della Agenzia delle Entrate e dell’INPS.

Si opponeva all’accoglimento della suddetta domanda di omologa l’Agenzia delle Entrate, deducendo, tra l’altro:

  • la mancanza del requisito dell’indipendenza in capo all’Attestatore;
  • la mancanza dei requisiti, previsti dall’art. 180, comma 4, l. fall. per il cram down fiscale,

Quanto al primo punto, l’Agenzia segnalava che la terzietà e l’indipendenza dell’attestatore – il quale aveva attestato la fattibilità del piano – sarebbero state inficiate da presunti rapporti lavorativi di costui con un advisor della società che aveva redatto il business plan alla base del concordato preventivo.

Ribatte il Tribunale a questa osservazione segnalando come il requisito della indipendenza e terzietà dell’attestatore non risulti violato. Viene evidenziato, infatti, che l’art. 67, comma 3, lett. d) l. fall. impone di valutare tale requisito con esclusivo riferimento ai legami e ai rapporti personali o professionali con l’impresa e con “coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento”. Nel caso di specie, non sarebbe ravvisabile né un interesse qualificato all’operazione da parte dell’advisor (visto il suo ruolo meramente professionale nell’ambito della procedura), né il carattere “personale” o “professionale” del rapporto tra l’advisor e l’attestatore.

Quanto, invece, ai rilievi attinenti alla assenza dei presupposti per il cram down fiscale, il tribunale ricorda che, ai sensi dell’art. 180, comma 4, l. fall., questi sono:

a) il carattere determinante della (mancata) adesione dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie;

b) la convenienza della proposta concordataria rispetto all’alternativa liquidatoria.

Ora, nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto integrati entrambi i presupposti.

Quanto al requisito di cui alla lett. a), i Giudici hanno ritenuto infondato il rilievo sollevato dalla Agenzia, secondo cui la sua adesione non sarebbe stata determinante se la classe creditoria n. 3 fosse stata correttamente formata, in particolare considerando un credito come privilegiato, e non come chirografario. A fondamento del carattere determinante del voto dell’Agenzia il Tribunale evidenzia altresì che in caso di suo voto favorevole – rappresentando essa l’unica componente della classe 2 – si sarebbe raggiunta sia la maggioranza delle classi, sia quella dei creditori.

Quanto al requisito di cui alla lett. b), la maggiore convenienza della proposta concordataria rispetto alla alternativa liquidatoria, i Giudici hanno ritenuto che, anche non considerando le entrate specificatamente connesse all’omologazione del concordato (finanza esterna e flussi derivanti dalla continuazione dell’attività d’impresa), appare verosimile che in caso di apertura di una procedura liquidatoria l’attivo ripartibile tra i creditori sarebbe inferiore a quello prospettato nella proposta. In particolare, i Giudici hanno rilevato che:

  • le disponibilità liquide sarebbero le stesse in entrambi gli scenari;
  • anche il ricavato dall’incasso dei crediti non muterebbe;
  • l’unica voce di attivo realizzabile esclusivamente con la liquidazione darebbe la vendita delle immobilizzazione materiali, costituite però da beni aziendali di scarso valore e in cattivo stato si conservazione;
  • l’azione di responsabilità contro l’amministratore unico non potrebbe comportare alcun beneficio alla massa creditoria, in ragione della incapienza di quest’ultimo;
  • vi sarebbero costi dovuti alla cessazione dell’attività d’impresa che, a prescindere dal loro ammontare, andrebbero ad erodere l’attivo ripartibile tra i creditori.

Per tali e tante ragioni, il Tribunale ha omologato il concordato preventivo ai sensi dell’art. 180 l. fall.

 

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