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Brevi note sui crediti postergati e subordinati secondo il Codice della crisi

21 Febbraio 2023 | , Ripartizione dell’attivo

Sommario

Introduzione: concorso dei creditori e ordine di distribuzione delle somme | Finanziamenti sociali con rimborso postergato | Rimborso dei finanziamenti sociali nel concordato preventivo | I crediti subordinati nella liquidazione giudiziale | Conclusioni riassuntive |

Introduzione: concorso dei creditori e ordine di distribuzione delle somme

La liquidazione giudiziale - al pari della precedente procedura di fallimento - apre il concorso dei creditori sul patrimonio del debitore (art. 151, primo comma, Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza).

La procedura si caratterizza dunque per essere un'esecuzione universale (nel senso che riguarda l'intero patrimonio del debitore e non singoli beni) e, per l'appunto, «concorsuale» (nel senso che, benché la richiesta di apertura della liquidazione possa essere avanzata da uno od alcuni creditori, sono chiamati a parteciparvi tutti i creditori dell'imprenditore insolvente).

A quest'ultimo riguardo, precisa il secondo comma della norma in commento che ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o prededucibile, nonché ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme stabilite dagli artt. 200 ss. del Codice della crisi, “salvo diverse disposizioni della legge”.

A tale regola non fanno eccezione nemmeno i crediti esentati dal divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore (come, ad esempio, i creditori fondiari ex art. 41 T.U.B.).

In fase di distribuzione del ricavato della liquidazione, il concorso tra i creditori soggiace alle regole di distribuzione previste dall'art. 221 CCII, in base al quale le somme derivanti dal realizzo dell'attivo sono erogate secondo il seguente ordine:

a)  per il pagamento dei crediti prededucibili;

b)  per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l'ordine assegnato dalla legge;

c)  per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell'ammontare del credito per cui ciascuno di essi sia stato ammesso, compresi i creditori ammessi con prelazione, qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui essi siano rimasti non soddisfatti dal relativo realizzo;

d)  per il pagamento dei crediti postergati.

Crediti prededucibili e crediti postergati si pongono pertanto agli estremi dell'ordine di distribuzione per cui, mentre i primi verranno soddisfatti con preferenza rispetto agli stessi crediti privilegiati, i crediti postergati saranno soddisfatti unicamente dopo il pagamento integrale di tutti gli altri crediti (compresi i chirografari).

Al concorso partecipano non solamente i crediti certi, ma, a norma dell'art. 154, terzo comma, CCII anche i crediti condizionali, compresi quelli che non possono essere fatti valere contro il debitore il cui patrimonio è sottoposto alla liquidazione giudiziale, se non previa escussione di un obbligato principale.

 

Finanziamenti sociali con rimborso postergato

Recita l'art. 2467 c.c. che il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori, precisando altresì che s'intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.

Il legislatore ha voluto perseguire l'obiettivo di contrastare il fenomeno di sottocapitalizzazione che può interessare le società, disincentivando i soci a fornire capitale a prestito piuttosto che di rischio, in modo da ridurre così la propria esposizione (sul punto si veda R. Corona, La legittimazione attiva dei creditori postergati a proporre istanza di fallimento ex art. 6 l. fall. e l'integrazione dello stato di insolvenza, in www.ilFallimentarista.it, 10 maggio 2022).  

Come noto, nelle società le risorse finanziarie necessarie a svolgere l'attività d'impresa possono provenire, oltre che dagli utili reinvestiti, da somme erogate a prestito da terzi finanziatori, come gli istituti di credito (c.d. capitale di terzi), oppure da apporti di capitale provenienti da soci attraverso i conferimenti (c.d. capitale proprio). Mentre le somme erogate a prestito devono essere rimborsate a scadenza, indipendentemente dal risultato economico della gestione (da qui la definizione alternativa di capitale di debito), le somme conferite dai soci a titolo di capitale, di norma, non vengono restituite durante la vita della società. I conferimenti dei soci, infatti, vanno a formare il capitale proprio della società, il cui valore risente del risultato economico della gestione, incrementandosi per effetto degli utili non distribuiti e reinvestiti nella società e, viceversa, riducendosi per effetto delle perdite verificatesi. Il «capitale proprio», infatti, viene definito anche come «capitale di rischio» per sottolineare il fatto che i soci, a differenza dei terzi finanziatori, partecipano al rischio d'impresa, assumendo l'alea della perdita dei conferimenti di capitale apportati.

La restituzione dei conferimenti ai soci, normalmente, avviene solamente al termine della liquidazione della società nella misura in cui, dal realizzo dell'attivo patrimoniale, residuino ancora risorse liquide dopo il pagamento integrale dei creditori sociali.

Come è stato osservato in  dottrina (M. Giorgetti, Finanziamenti dei soci nell'ambito del concordato preventivo, in  www.ilFallimentarista.it, 26 novembre 2021), nelle s.r.l. i finanziamenti dei soci possono costituire fonte di un latente conflitto di interessi tra soci-finanziatori e gli altri creditori sociali nella misura in cui i primi, per il loro inserimento nella compagine sociale, sono posti nella migliore condizione per soppesare lo stato finanziario della società e per valutare la forma del proprio apporto finanziario, eventualmente preferendo – in situazione di crisi – un intervento in capitale di debito piuttosto che di rischio, in modo tale da concorrere per il rimborso del finanziamento con gli altri creditori sociali che, al contrario, non potrebbero vantare nessuna pretesa su liquidità che non sia entrata nel patrimonio sociale a tale titolo di capitale di rischio.

La norma contenuta nell'art. 2467 c.c. è dunque tesa a scoraggiare la condotta opportunistica di quei soci che, non volendo rischiare di perdere il proprio investimento, preferiscono apportare risorse sotto forma di finanziamento, piuttosto che di conferimento di capitale.

Norma analoga a quella dettata dall'art. 2467 c.c. è prevista nell'ambito dei gruppi di imprese dall'art. 2497 quinquies c.c,. laddove è previsto che l'art. 2467 c.c. si applica anche ai finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti.  

La norma civilistica è poi completata dall'art. 164, secondo e terzo comma, CCII ove si prevede che sono privi di effetto rispetto ai creditori i rimborsi dei finanziamenti erogati dai soci o dal soggetto che esercita attività di direzione e coordinamento se sono stati eseguiti dal debitore dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nell'anno anteriore. 

Il curatore, dunque, ove riscontri che nel predetto periodo sono stati eseguiti i citati rimborsi, può legittimamente chiederne la restituzione.

Le norme appena citate erano già presenti nell'ordinamento prima dell'introduzione del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza con la seguente rilevante differenza.

Mentre il testo dell'art. 2467 c.c., ante riforma, individuava nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento (ora liquidazione giudiziale) il periodo entro il quale il curatore poteva richiedere la restituzione dei rimborsi, la nuova norma fa decorrere l'anno non dalla data di apertura della liquidazione giudiziale, bensì da quella della domanda cui ha fatto seguito l'apertura della procedura medesima. Nel nuovo sistema del Codice, che prevede un procedimento unitario di accesso agli strumenti di regolazione della crisi, tale domanda potrebbe collocarsi in un momento anche di molto anteriore all'apertura della liquidazione giudiziale, ampliando così l'orizzonte temporale di efficacia della norma. Si pensi, ad esempio, ad una domanda di accesso al concordato preventivo poi sfociato in liquidazione giudiziale a seguito della mancata omologazione.

 

Rimborso dei finanziamenti sociali nel concordato preventivo

Come è stato osservato in dottrina (v. M. Giorgetti, cit.), l'art. 2467 c.c. non mette totalmente al bando i finanziamenti erogati dai soci, i quali possono anzi rappresentare uno strumento importante nella gestione anticipata negoziale della crisi, in particolare nel contesto di un concordato preventivo (specialmente se in continuità aziendale), trattandosi della modalità più tempestiva e conveniente per reperire nuova finanza nel mercato creditizio.

Ecco allora che le regole dell'art. 2467 c.c. appena illustrate conoscono un'importante eccezione nell'art. 102 CCII in tema di finanziamenti erogati nell'ambito del concordato preventivo ai sensi degli artt. 99 e 101 CCII.

In generale, il primo comma dell'art. 99 CCII prevede la facoltà per il debitore che ha richiesto l'accesso (anche con riserva) al concordato preventivo o agli accordi di ristrutturazione dei debiti (ordinari, agevolati o a efficacia estesa) di chiedere al tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti prededucibili, funzionali all'esercizio dell'attività aziendale sino all'omologa del concordato preventivo o degli accordi di ristrutturazione dei debiti ovvero all'apertura e allo svolgimento di tali procedure e in ogni caso funzionali alla miglior soddisfazione dei creditori (cc.dd. finanziamenti interinali). Il quinto comma della norma in commento prevede poi che la medesima disciplina si applica anche ai finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti, quando i finanziamenti sono previsti dal relativo piano e purché la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero gli accordi di ristrutturazione siano omologati (cc.dd. finanziamenti-ponte).

Il successivo 101 CCIIprevede viceversa che, quando è prevista la continuazione dell'attività aziendale, i crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati, ivi compresa l'emissione di garanzie, in esecuzione di un concordato preventivo ovvero di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati ed espressamente previsti nel piano ad essi sottostante sono prededucibili (cc.dd. finanziamenti in esecuzione).

Con riferimento a tali finanziamenti l'art. 102 CCIIprevede che, in deroga agli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c., la prededuzione si applica anche nel caso in cui tali finanziamenti siano erogati dai soci, nei limiti, tuttavia dell'ottanta per cento delloro ammontare (intendendosi dunque che la restante quota del venti percento rimane postergata). Tale limite, tuttavia, non si applica nel caso in cui il finanziatore abbia acquisito la qualità di socio in esecuzione del concordato preventivo o degli accordi di ristrutturazione dei debiti. 

 

I crediti subordinati nella liquidazione giudiziale

L'art. 154, terzo comma, CCII, in perfetta analogia con il terzo comma dell'art. 55 L.F., dispone che partecipano al concorso anche i crediti condizionali, ivi compresi quelli che non possono essere fatti valere contro il debitore il cui patrimonio è sottoposto alla liquidazione giudiziale, se non previa escussione di un obbligato principale.

La partecipazione di tali crediti al concorso è regolata dagli artt. 204, 226 e 227 CCII. Il secondo comma dell'art. 204 CCII, in particolare, dispone che i crediti condizionali vengano ammessi al passivo con riserva in attesa, dunque, che si avveri o meno la condizione a cui sono sottoposti: ove questa si avveri il giudice scioglierà la riserva e ammetterà il creditore al passivo, diversamente ne dichiarerà l'esclusione.

Collegata a questa norma è la disposizione dell'art. 227 CCII in forza della quale, nelle ripartizioni parziali dell'attivo, il curatore deve accantonare le quote assegnate ai creditori con riserva. A corollario di questa norma, il successivo art. 232 CCII dispone che nel riparto finale vengano distribuiti anche gli accantonamenti precedentemente effettuati; tuttavia, se la condizione non si è ancora avverata, le quote spettanti ai creditori condizionali vengono depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato, affinché, in caso di avveramento della condizione, possano essere versate ai creditori spettanti, oppure, in caso contrario, possano essere fatte oggetto di ulteriore riparto tra gli altri creditori.

Per espresso richiamo operato dall'art. 154 CCII, ai crediti condizionali si applicano anche le norme in tema di ripartizioni in favore dei creditori tardivi prevista dall'art. 226 CCII, in forza delle quali questi hanno diritto a concorrere sulle somme già distribuite, prima della loro ammissione, nei limiti di quanto stabilito dall'art. 225 CCII.

In tal caso, dunque, i creditorii condizionali tardivi hanno diritto a partecipare soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione in proporzione del rispettivo credito, salvo il diritto di prelevare le quote che sarebbero loro spettate nelle precedenti ripartizioni se assistiti da cause di prelazione o se il ritardo è dipeso da cause ad essi non imputabili.

 

Conclusioni riassuntive

La liquidazione giudiziale si caratterizza per essere un'esecuzione universale, poiché riguarda l'intero patrimonio del debitore, e concorsuale, in quanto su tale patrimonio sono chiamati a parteciparvi tutti i creditori dell'imprenditore insolvente. In fase di distribuzione del ricavato della liquidazione, il concorso tra i creditori soggiace alle regole di distribuzione previste dall'art. 221 CCII, in base al quale i crediti prededucibili e i crediti postergati si pongono agli estremi dell'ordine di distribuzione. Come disposto dall'art. 154, terzo comma, CCII al concorso partecipano non solamente i crediti certi, ma anche i crediti condizionali, la cui partecipazione è regolata dagli artt. 204, 226 e 227 CCII, come sopra analizzato.

In tema di finanziamento soci, l'art. 2467 c.c. ne prevede la postergazione rispetto alla soddisfazione degli altri creditori. Sul punto, il Codice della crisi introduce una novità non irrilevante: mentre il curatore poteva richiedere la restituzione dei rimborsi nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, la nuova norma fa decorrere l'anno dalla data della domanda cui ha fatto seguito l'apertura della procedura medesima, ampliando così l'orizzonte temporale di efficacia della norma.

 

 

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