Un fallimento dichiarato ante 2005 vende all’asta un bene immobile. Successivamente, il Comune adotta un’ordinanza di abbattimento, ritenendo che l’immobile sia frutto di lottizzazione abusiva. Attualmente, dopo l’accoglimento da parte del TAR dell’impugnativa del provvedimento di abbattimento, il giudizio pende davanti al Consiglio di Stato. L’acquirente ha diffidato il curatore a non procedere al riparto delle somme ricavate dalla vendita, perché, all’esito eventualmente sfavorevole del giudizio amministrativo, chiederebbe la declaratoria di nullità della vendita e la restituzione del prezzo. I creditori premono per il riparto. La legge fallimentare prevede la possibilità di accantonamento solo in caso di opposizione allo stato passivo. Né credo possa applicarsi l’art. 2921 c.c., secondo cui, in caso di evizione, l’acquirente può ripetere il prezzo distribuito di ciascun creditore per la parte riscossa, stante il principio d’intangibilità del reparto. Il curatore deve soprassedere al riparto?
Riferimenti normativi – L’art. 114 l.fall., rubricato “Restituzione di somme riscosse”, stabilisce che “I pagamenti effettuati in esecuzioni dei piani di riparto non possono essere ripetuti, salvo il caso dell’accoglimento di domande di revocazione.
I creditori che hanno percepito pagamenti non dovuti, devono restituire le somme riscosse, oltre agli interessi legali dal momento del pagamento effettuato a loro favore”.
L’art. 2921 c.c., rubricato “Evizione”, dispone che “L'acquirente della cosa espropriata, se ne subisce l'evizione, può ripetere il prezzo non ancora distribuito, dedotte le spese, e, se la distribuzione è già avvenuta, può ripeterne da ciascun creditore la parte che ha riscossa e dal debitore l'eventuale residuo, salva la responsabilità del creditore procedente per i danni e per le spese.
Se l'evizione è soltanto parziale, l'acquirente ha diritto di ripetere una parte proporzionale del prezzo. La ripetizione ha luogo, anche se l'aggiudicatario, per evitare l'evizione, ha pagato una somma di danaro.
In ogni caso l'acquirente non può ripetere il prezzo nei confronti dei creditori privilegiati o ipotecari ai quali la causa di evizione non era opponibile”.
Osservazioni – Il quesito in esame concerne, in sostanza, la convenienza per il curatore di effettuare il riparto, nonostante lo stesso sia stato diffidato dall’acquirente aggiudicatario di un immobile – venduto all’asta dal fallimento – poi dichiarato abusivo dal Comune e dal Tar, a non procedere al riparto delle somme derivate dalla vendita in quanto, all’esito eventualmente sfavorevole del giudizio amministrativo, lo stesso chiederebbe la declaratoria di nullità della vendita e la restituzione del prezzo.
Nel caso di specie, in altri termini, il curatore viene a trovarsi nella difficile situazione di scegliere se dare prevalenza al diritto dei creditori a vedersi assegnate le somme accumulate dal fallimento durante la procedura, sulla base del piano di riparto, ovvero tutelare il terzo acquirente di un immobile, di proprietà del fallimento, poi dichiarato abusivo.
Premesso che, in ogni caso, il curatore non potrà accantonare le somme ottenute dalla vendita dell’immobile, in quanto l’accantonamento è ammesso, ai sensi dell’art. 98 l.fall, solo in caso di opposizione allo stato passivo da parte dei creditori, apparentemente la fattispecie sembra rientrare nell’ipotesi di c.d. “evizione” di cui all’art. 2921 c.c.
Sulla base della predetta norma, infatti, l’acquirente del bene poi espropriato (in questo caso l’immobile poi dichiarato abusivo) avrebbe diritto di ripetere il prezzo non ancora distribuito, ovvero, se la distribuzione è già avvenuta a norma dell’art. 510 c.p.c., potrebbe ripeterne da ciascun creditore la parte che quest’ultimo ha riscosso e dal debitore l’eventuale residuo.
Tuttavia, la fattispecie in esame non pare poter essere ricondotta in modo pertinente nell’area di applicazione dell’art. 2921 c.c., mancando i presupposti oggettivi.
L’evizione, infatti, si compie allorché l’acquirente sia privato della sua acquisizione, in conseguenza di una decisione giurisdizionale che dichiari un difetto di titolarità del venditore, a fronte dell’accertamento del diritto di proprietà o di altro diritto reale di un terzo sul bene oggetto della vendita.
Orbene, nel caso de quo non vi è un terzo che fa valere un diritto di proprietà prevalente sul bene aggiudicato, né vi è un vizio o difetto della cosa, la cui garanzia comunque non opera nelle vendite coattive, bensì vi è una vendita coattiva di un immobile, di proprietà del fallimento, poi dichiarato abusivo con provvedimento dell’autorità amministrativa.
In siffatte ipotesi, qualora il provvedimento declaratorio dell’irregolarità relativa all’immobile dovesse divenire definitivo (a seguito, per esempio, di provvedimento del Consiglio di Stato), non sembra che possa derivarne sic et simpliciter la nullità della vendita coattiva. Pertanto non sembra sussistere il diritto per l’aggiudicatario di ottenere la ripetizione di quanto versato, anche se la tutela di quest’ultimo non può escludersi possa derivare proponendo altro tipo di domande.
Di conseguenza, attesa la presenza di una formale diffida formulata dall’aggiudicatario al curatore, parrebbe opportuno per quest’ultimo, non tanto effettuare un accantonamento, quanto piuttosto attendere comunque ad effettuare il riparto delle somme, quantomeno con riferimento a quelle derivate dalla vendita dell’immobile controverso, almeno sino alla conclusione del giudizio amministrativo pendente avanti il Consiglio di Stato, onde accertare quindi l’esito dell’eventuale ma probabile domanda di nullità orevocabilità della vendita che l’aggiudicatario proponga innanzi agli organi concorsuali
Leggi dopo |