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Azione revocatoria fallimentare |
Inquadramento | Il fondamento sistematico della revocatoria fallimentare: la violazione della par condicio | Proposta di una rilettura dell’istituto | L’inefficacia degli atti caratterizzati da anomalie e la presunzione di scientia | La revocatoria degli atti e dei pagamenti prevista al comma 2 dell’art. 67 l. fall. | Revocatoria fallimentare ed eventus damni: i pagamenti del terzo | La prova del presupposto soggettivo | (Segue): prova presuntiva e qualità “professionale” dell’accipiens | Cenni alla revocatoria in fattispecie particolari | Termini per proporre l’azione e decorrenza del “periodo sospetto” nella consecuzione di procedure | Competenza e limiti di proponibilità | Effetti della revoca | Riferimenti |
L’azione revocatoria fallimentare costituisce il principale strumento a tutela della parità di trattamento dei creditori e di garanzia del rispetto della graduazione dei crediti; essa è stata peraltro ampiamente “depotenziata” dalla riforma concorsuale con la riduzione del periodo entro il quale possono essere revocati gli atti lesivi della par condicio e con l’introduzione di numerose e rilevanti esenzioni. L’art. 67 l. fall. distingue due tipologie sostanziali di atti impugnabili: una prima categoria, caratterizzata per diversi aspetti dalla anomalia del rapporto tra fallendo ed accipiens, dalla quale deriva una presunzione di percezione dell’insolvenza che impone a soggetto in bonis l’onere di provare l’inscientia ed una seconda categoria in cui ad essere presunto è solo l’eventus damni, laddove invece la conoscenza dell’insolvenza deve essere dimostrata dal curatore, che peraltro potrà giovarsi anche della prova presuntiva. L’azione si propone avanti al foro fallimentare e deve essere avviata nel termine di decadenza di tre anni dal fallimento ovvero entro cinque anni dal compimento dell’atto.
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