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Chiusura del fallimento |
Inquadramento | Casi di chiusura del fallimento | (Segue) Mancanza di domande di ammissione al passivo | (Segue) Estinzione – in qualunque modo – di tutti i crediti concorrenti e di tutti i crediti verso la massa | (Segue) Ripartizione finale dell’attivo | (Segue) Insufficienza dell’attivo | Procedimento di chiusura | Effetti della chiusura del fallimento | Giudizi pendenti | Le modifiche introdotte dal D.lgs 12 gennaio 2019, n. 14, recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza | Riferimenti |
La cessazione della procedura fallimentare avviene in due casi: omologazione del concordato fallimentare ovvero, nei casi tassativamente indicati dalla legge fallimentare, chiusura del fallimento. La chiusura del fallimento è dichiarata con decreto motivato pronunciato dal Tribunale fallimentare, su istanza del curatore o del debitore ovvero di ufficio. Contro il decreto che dichiara la chiusura (o contro il decreto che ne respinge la richiesta) è ammesso reclamo davanti alla Corte d’Appello, il cui decreto può essere, a sua volta, impugnato tramite ricorso in cassazione. Il decreto di chiusura del fallimento acquista efficacia se non è proposto alcun reclamo o, se proposto, questo sia rigettato in via definitiva. La chiusura del fallimento comporta la cessazione di tutti gli effetti del fallimento: cessano gli effetti sul patrimonio del fallito e le relative incapacità; i creditori riacquistano il libero esercizio di azioni esecutive e cautelari individuali nei confronti del fallito (salvo che sia intervenuta l’esdebitazione) e decadono gli organi del fallimento. Dal 21 agosto 2015 è applicabile una nuova disciplina ai giudizi pendenti al momento della dichiarazione di chiusura del fallimenti, nei quali sia parte il curatore, essendo stato previsto che la loro penden...
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